Si controlla il proprio partner, senza volontà di
dominio. È uno stato di perenne vittoria. Non c’è
possibilità di sconfitta. In questo senso non c’è
scontro in Aikido; e se anche tu avessi un avversario,
egli sarebbe solo un compagno da controllare…
A: Quando ero uno studente al college il mio professore di filosofia ci mostrò una foto di un famoso filosofo, ed ora sono colpito dalla somiglianza con Lei.
O’SENSEI: Beh, può darsi che sia entrato anche nel campo della filosofia, dato che la mia parte spirituale è molto più enfatizzata rispetto a quella fisica.
B: Si dice che l’Aikido sia molto diverso rispetto al Judo ed al Karate.
O’SENSEI: Secondo me si può dire che essa sia l’arte marziale definitive. Questo perché si basa su una verità universale. Quest’universo si compone di molte parti differenti che nonostante ciò sono tenute insieme, come una grande famiglia; questa è una rappresentazione di pace ad altissimo livello. Abbracciando il punto di vista dell’universo, l’Aikido non può essere altro che un’Arte Marziale d’amore. Non può essere un’Arte di violenza. Per questa ragione potrebbe essere definita come un’ulteriore manifestazione del Creatore. L’Aikido, infatti è immenso. I suoi piani di allenamento sono la Terra ed il Cielo. Le attitudini mentali dei praticanti devono essere di pace e di totale non violenza. È questa la giusta mentalità delle arti marziali giapponesi: la violenza è generata da una mente alterata. Il nostro dovere è quello di trasformare il mondo in un paradiso terrestre. Attività come la guerra sono fuori posto.
A: Ciò è sostanzialmente differente dalle scuole tradizionali.
O’SENSEI: Sicuramente è molto diverso. Se ci guardiamo alle spalle possiamo accorgerci di quanto si sia abusato delle arti marziali. Durante il periodo degli stati combattenti, per esempio, i ricchi signori utilizzavano le arti marziali per scopi personali e per soddisfare i propri interessi. Ciò penso che sia totalmente in appropriato. Un tempo pensavo che le arti marziali servissero a sconfiggere i soldati nemici in guerra; per questo, quando la guerra finì, rimasi molto sconcertato. Questo mi spinse a cercare, nei sette anni successivi, il vero spirito del Sudo, e fu allora che mi venne in mente di costruire un paradiso sulla terra. La ragione di questa soluzione sta nel fatto che i cieli e la terra hanno raggiunto una relativa stabilità nella loro evoluzione, mentre gli esseri umani sembrano essere in un perenne stato confusionale. Prima di tutto dobbiamo combattere questa situazione. La realizzazione di questa missione è un passo avanti per l’intera umanità. Quando arrivai a questa conclusione, realizzai che la vera natura dell’Aikido è la pace e l’armonia assoluta. L’Aikido nasce in accordo ai principi dell’universo.
B: Vorrebbe parlarci dei principi dell’Aikido? La gente pensa che sia qualcosa di mistico come il ninjutsu, e dice che Lei sia in grado di sollevare oggetti pesantissimi con una sorta di arcano potere.
O’SENSEI: In apparenza potrebbe sembrare qualcosa di mistico, ma non è così. In Aikido noi utilizziamo unicamente la forza del nostro avversario, sicché più forza lui usa più è facile per noi.
B: In questo senso c’è Aiki anche nel Judo, in cui bisogna sincronizzare se stessi con il ritmo del partner. Se lui tira, tu spingi e se lui spinge tu tiri. Movendoti secondo questo principio gli fai perdere il suo equilibrio e quindi applichi la tua tecnica.
O’SENSEI: In Aikido non esiste assolutamente primo attacco. Attaccare vuol dire essere già stati sconfitti nello spirito. In accordo col principio di non resistenza, non ci opponiamo all’attaccante. Quindi, si potrebbe dire che in Aikido non esiste avversario. La vittoria per noi è “Masagatzu Agatzu”; cioè quando vinci sopra ogni cosa, in accordo con la missione divina, allora possiedi la forza assoluta.
B: Si sta riferendo, per caso al “sen no sen”, l’iniziativa sull’attacco?
O’SENSEI: Assolutamente no. Se volessi provare ad esprimerlo a parole dovrei dire che si controlla il proprio partner, senza volontà di dominio. È uno stato di perenne vittoria. Non c’è occasione di sconfitta. In questo senso non c’è scontro in Aikido; e se anche tu avessi un avversario, egli sarebbe solo un compagno da controllare.
B: Quante tecniche esistono in Aikido?
O’SENSEI: Ci sono circa 3000 tecniche di base, ed ognuna di esse ha 16 variazioni, così ce ne sono svariate migliaia. A seconda della situazione puoi crearne tu stesso di nuove.
A: Quando ha iniziato lo studio delle arti marziali?
O’SENSEI: A 14 -15 anni circa. Ho imparato, in ordine, il Ju Jutsu delle seguenti scuole: Tenshinyo, Kito, Yagyu, Aioi, e Shinkage. Ma comunque non ero soddisfatto e cercai ancora il vero Budo. Praticai Sojutsu e Kendo. Ma anche queste, concentrate sul combattimento uno contro uno, non riuscirono a soddisfarmi. Cosi girai tutto il Paese, allenandomi e cercando la Via, ma invano.
A: Si potrebbe dire che fu il periodo di allenamento ascetico del guerriero?
O’SENSEI: Si, la ricerca del vero Sudo. Quando ero solito andare alle altre scuole, non sfidavo mai i loro maestri. Chi peregrina tra i dojo è troppo stanco per dimostrare la sua vera abilità. Per cui pagavo loro il regolare onorario e cercavo di imparare qualcosa. Se, infine, ero io ad essere superiore, riprendevo i miei soldi e tornavo a casa.
B: E quando l’Aikido ha iniziato a prendere forma?
O’SENSEI: Come ho detto prima, viaggiai per molti posti alla ricerca del vero Sudo. Poi intorno ai 30 anni, giunsi ad Hokkaido. In quell’occasione, mentre mi trovavo nella provincia di Kitami, incontrai un certo Takeda Sokaku, Maestro del clan di Aizu. Egli insegnava il Jujitsu della Daito-ryu. Durante il mese che studiai con lui ebbi una sorta di inspirazione. Più tardi lo invitai a casa mia, ed insieme con altre quindici o sedici persone divenni uno studente dell’essenza del Budo.
B: Quindi scoprì l’Aikido studiando jujitsu con Takeda?
O’SENSEI: No. Sarebbe molto più accurato dire che il Maestro Takeda aprì i miei occhi al Budo.
A: Ma allora in quale particolare circostanza nacque l’Aikido?
O’SENSEI: Successe questo. Mio padre si ammalò gravemente nel 1918. Io fui costretto a lasciare Takeda e fare ritorno a casa. Lungo la via sentii dire che se avessi pregato ad Ayabe, in provincia di Kioto, ogni desiderio mi sarebbe stato esaudito. Quindi mi recai lì ed incontrai Onisaburo Deguchi. Quando, però, tornai a casa, appresi che mio padre era morto comunque. Avendo incontrato Deguchi solo una volta, decisi di tornare ad Ayabe con tutta la mia famiglia e vi rimasi fino al 1925, all’età di 40 anni. Un giorno, dopo aver combattuto contro un Maestro di kendo, mi stavo rinfrescando in giardino. All’improvviso una cascata di luce dorata scese dal cielo e mi avviluppò. D’un tratto il mio corpo crebbe a dismisura, fino a toccare i confini dell’intero universo. Illuminato da quest’esperienza, realizzai che non bisogna concentrarsi sulla vittoria: il cuore del Budo è l’amore. Questo è l’Aikido.
B: Quindi nel Budo non è fondamentale essere forti. Sin dai tempi antichi viene insegnata la comunanza tra lo Zen e la spada. Similmente l’essenza del Budo non può essere compresa senza svuotare prima la propria mente. In questo stato, nulla, sia giusto che sbagliato, ha più valore.
O’SENSEI: Come ho detto prima, l’essenza del Budo è la via di Masagatzu Agatzu.
B: Ho sentito una storia che la vedeva coinvolta in un combattimento con 150 operai.
O’SENSEI: Io? Per quello che mi ricordo il Maestro Deguchi giunse in Mongolia nel ’24 per coronare il suo sogno di creare una grande comunità asiatica in accordo con la linea politica nazionale. Io lo accompagnai per sua richiesta finché non venni chiamato alle armi. Insieme attraversammo la Mongolia e la Manciuria. Durante il viaggio ci imbattemmo in un gruppo di banditi delle montagne, che cominciarono a spararci contro pesantemente. Io risposi al loro fuoco sorridendo e poi mi lanciai in mezzo a loro attaccandoli con fierezza e disperdendoli.
A: Restò per molto tempo in Manciuria?
O’SENSEI: Prima dell’incidente sono stato in Manciuria molto spesso. Ero supervisore per le arti marziali per l’organizzazione di Shimbuden come per la Kenkoku University in Mongolia. Per questa ragione ero ben accetto lì.
B: Hino Ashisei scrisse una storia chiamata “Oja no Za” in cui racconta la vita di Tenryu Saburo, eroe del mondo del sumo, e del suo incontro con un Maestro di Aikido e la riscoperta del suo vero spirito. Per caso questa storia la riguarda?
O’SENSEI: Si.
B: Che genere di rapporto ebbe con Tenryu?
O’SENSEI: Lui stette a casa mia per circa tre mesi.
B: Questo accadde in Manciuria?
O’SENSEI: Si ci incontrammo in occasione del torneo in onore del 10° anniversario del governo in Manciuria. C’era quest’uomo gigantesco alla festa ed un mucchio di gente intorno a lui che faceva commenti sulla sua incredibile forza. Domandai allora chi fosse e mi fu spiegato che si trattava di Tenryu, famoso lottatore di Sumo. Mi presentai a lui ed alla fine decidemmo di confrontare le nostre capacità l’uno contro l’altro. Dunque mi sedetti e dissi a Tenryu: “Spingimi, prova a rovesciarmi all’indietro. Spingi più folte che puoi, non trattenere la tua forza.” Forte dei segreti dell’Aikido, sapevo che non avrebbe potuto muovermi di un millimetro. Comunque Tenryu sembrò stupirsi di ciò e divenne uno studente di Aikido. Era un brav’uomo.
A: Sensei, lei ha anche avuto rapporti con la marina?
O’SENSEI: Si, per lungo tempo. Cominciata nel 1928, la mia collaborazione con l’accademia navale come insegnante part-time, durò per circa dieci anni.
B: Allora insegnò anche ai soldati durante quel periodo!
O’SENSEI: Ah beh, in più di un’occasione ho insegnato ai militari; cominciai con l’Accademia navale, ma nel ’33 tenni delle lezioni anche per la Scuola Militare di Toyama. Poi nel 1942 insegnai Aikido anche alla scuola di polizia. In un’altra occasione, su invito del generale Maeda, tenni una dimostrazione per l’esercito.
A: Insegnando a dei soldati sarà certamente stato coinvolto in qualche episodio divertente.
O’SENSEI: Si, una volta fui persino vittima di un agguato.
B: Forse perché la consideravano un insegnante troppo severo?
O’SENSEI: No, non per quello. Credo che loro volessero provare le mie capacità. Fu nel periodo in cui insegnavo all’Accademia di Polizia. Una sera mentre camminavo nella sala di addestramento, percepii che c’era qualcosa di strano. Qualcosa si mosse sopra di me. All’improvviso, da tutte le direzioni, saltarono fuori da alcuni cespugli ed avvallamenti, un gruppo di soldati e mi circondarono. Cominciarono quindi ad attaccarmi armati di spade e bastoni di legno. Siccome sono avvezzo a questo genere di cose, non mi preoccupai più di tanto. Non appena provavano a colpirmi, mi spostavo semplicemente da una patte e dall’altra ed intanto mi accorgevo che stavano perdendo fiducia in se stessi. Alla fine caddero esausti. La vita non manca di riservare sorprese. L’altro giorno, dopo una conferenza un tipo ha riconosciuto la mia faccia e mi è corso incontro salutandomi. Dopo aver parlato qualche minuto, capii che si trattava di uno degli uomini che mi avevano attaccato quel giorno di tanti anni fa. Con aria imbarazzata mi ha detto: “Sono molto spiacente per quell’incidente. Quel giorno stavamo discutendo sulla reale efficacia del nostro insegnante di Aikido. Un gruppo di noi dalle teste calde decise di metterlo alla prova. Ci nascondemmo in trenta, circa. E rimanemmo totalmente sconcertati che trenta uomini addestrati alla guerra non avevano potuto nulla di fronte alla vostra forza.”
C: Ci furono anche episodi riguardo alla scuola di Toyama?
O’SENSEI: Prove di forza? Una volta, mi pare prima dell’incidente alla scuola di polizia. Un gruppo di capitani, istruttori alla scuola di Toyama, mi invitò a provare la mia forza contro di loro. Loro tutti si vantavano delle proprie capacità con frasi del tipo “Sono in grado di alzare tot peso” oppure “Posso spaccare tegole di tot diametro”, sicché dissi loro “Io non ho questo genere di forza, però posso abbattere gente come voi solo con il mignolo. Ma siccome mi dispiace farvi del male, facciamo così”. Stesi il mio braccio destro e poggiai l’indice sopra una scrivania, quindi li invitai a salire sul mio braccio coricandosi sulla pancia. Uno dopo l’altro, increduli, cominciarono ad ammucchiarsi sul mio braccio. Quando tutti e sei furono saliti, chiesi all’uomo vicino a me un bicchiere d’acqua. Mentre stavo bevendo con la mano sinistra, il gruppo di uomini sul mio braccio destro tacque sbalordito.
B: A parte l’Aikido, lei deve avere una forza fisica sovrumana!
O’SENSEI: Non proprio.
KISSHOMARU: Sicuramente egli è molto forte, ma bisognerebbe parlare di potenza del Ki, piuttosto che di forza fisica. Qualche tempo fa, mentre costruivamo un nuovo dojo, vedemmo sette o otto operai che provavano invano a sradicare un alberello. Mio padre li guardò per un po’ e poi chiese loro di spostarsi in modo da poter provare lui stesso. Egli lo tirò su in un attimo, con una mano sola e lo scaraventò via. Sarebbe inconcepibile fare cose di questo genere con la mera forza fisica. Un’altra volta ci fu un incidente riguardo un certo Mihamahiro.
B: State parlando dello stesso Mihamahiro dell’Associazione Nazionale di Sumo?
O’SENSEI: Si. Quando io mi trovavo a Shingu, nella prefettura di Wakayama, Mihamahiro stava ottenendo ottimi risultati nella classifica dei sumotori. Aveva una forza incredibile, e riusciva a sollevare tre tronchi, dal peso di svariate tonnellate. Quando seppi che Mihamahiro si trovava in città, lo invitai a venirmi a trovare. Mentre stavamo chiacchierando, lui disse “Maestro, io ho sentito dire di lei che possiede una forza inimmaginabile. Perché non confrontare le nostre capacità?” “D’accordo” risposi “ma io userò solo il mio indice.” Iniziammo. Mihamahiro provò a sollevarmi e nonostante fosse in grado di spostare masse enormi, non riuscì a smuovermi di un millimetro. Dopo un po’, ritorsi la sua stessa forza contro di lui, ed egli si trovò a volare per aria. Si rese conto che l’avevo toccato solo con l’indice, e con l’indice lo tenevo immobilizzato. Sembravamo un adulto che gioca con un bambino. Vedendolo incredulo, lo invitai a riprovare. Seduto per terra, gli offrii di cercare di rovesciarmi spingendomi per la testa, ma egli non ci riusciva. Sollevai allora le mie gambe dal suolo, restando in bilico, ma neanche così poté smuovermi. Sconvolto, cominciò a studiare l’Aikido.
A: Quando dice di atterrare una persona con un dito, lei preme un suo punto vitale?
O’SENSEI: Disegno un cerchio intorno a loro. La loro forza è contenuta all’interno di questo cerchio. Non importa quanto sia forte, un uomo non può estendere la sua forza altre questo cerchio. Diviene di colpo debole. Dunque è possibile atterrarlo con un dito mentre si trova in questa fase. È possibile perché lui diventa debole.
A: Anche sua moglie proviene dalla prefettura di Wakayama?
O’SENSEI: Si, lei proviene dalla famiglia Takeda di Wakayama.
A: La famiglia Takeda è strettamente associata alle arti marziali.
O’SENSEI: Senza dubbio. La mia famiglia ha servito l’Imperatore per molte generazioni. I miei antenati, infatti, rinunciarono alle loro proprietà ed ai loro averi per dedicarsi completamente alla Famiglia Imperiale.
B: Siccome lei, Maestro, è stato in giro per molti anni nel periodo in cui era giovane, quella di sua moglie non deve essere stata una vita molto semplice.
O’SENSEI: Per la verità, neanche ora riesco a trascorrere molto tempo a casa, per via dei continui impegni.
KISSHOMARU: Mio padre, da sempre, è particolarmente interessato alla pratica ascetica delle arti marziali. Inoltre, un’altra sua caratteristica, è il suo totale disinteressamento verso il denaro. In un’occasione si verificò un incidente di questo genere. Quando mio padre partì per Tokyo, nel 1926, si avviò da solo e poi nel 1927, lo raggiungemmo noialtri da Tanabe. Con l’aiuto del figlio del Generale Yamamoto, mr. Kiyoshi, prendemmo in affitto una casa a Sarumachi. In quell’epoca mio padre possedeva una larga fetta di terreno attorno a Tanabe, che comprendeva zone coltivabili ed incoltivabili. In ogni caso, ne ricavava ben poco e, dunque aveva bisogno di un prestito. Ma a dispetto di ciò, egli si rifiutava di vendere alcunché. Ma non solo: quando i suoi allievi gli portarono l’offerta mensile, egli disse di non aver bisogno di questo genere di cose, che non avrebbe mai accettato dei soldi direttamente, e che preferiva che li donassero alle divinità, cosicché, il giorno in cui avrebbe avuto bisogno di soldi, avrebbe pregato gli dei, in modo da ricevere da loro il necessario. Non ha mai accettato del denaro per insegnare il Budo. Il dojo in quel periodo, era la sala da biliardo della famiglia Shimazu, e qui si riunivano per praticare anche molti ufficiali militari e persone aristocratiche. In quel periodo chiamavamo la nostra Arte Ueshiba Juku Aikijitsu.
B: A che età è possibile iniziare a praticare?
KISSHOMARU: Si può iniziare verso i sette anni, ma bisogna aspettare i quindici per praticare seriamente. Fisicamente parlando, il corpo comincia ad irrobustirsi e le ossa a fortificarsi proprio a quell’età. Siccome, inoltre, l’Aikido contiene molti aspetti spirituali, bisogna aspettare quell’età per acquisire una propria prospettiva del mondo e quindi della natura del Budo. Dunque, in ultima analisi, direi che quindici/sedici anni sia una giusta età per iniziare la pratica.
B: Paragonato al Judo, ci sono ben poche occasioni in cui potersi afferrare, in Aikido quindi puoi confrontarti contemporaneamente con più di un avversario, il che è l’ideale nel Budo. Riguardo a ciò, ci sono molti teppisti che vengono per imparare l’Aikido?
KISSHOMARU: Ah beh, certo, a volte capitano anche individui del genere. Ma quando persone di questo tipo studiano l’Aikido con l’intenzione di usarlo come arma per battersi, non durano per molto tempo. Praticare arti marziali non è come ballare o guardare un film. Sole o pioggia, bisogna praticare comunque quotidianamente se si vuol progredire. In particolar modo l’Aikido che potrebbe essere definita una pratica spirituale che si serve delle forme del Budo. È troppo profondo per essere coltivato da coloro che vogliono utilizzarlo per fare a botte. In ogni caso, individui particolarmente inclini alla violenza, smettono di esserlo dopo aver imparato l’Aikido.
B: Capisco… Attraverso un allenamento costante riescono a correggere i loro atteggiamenti violenti.
O’SENSEI: L’Aikido non è un’Arte marziale di violenza ma piuttosto un’arte d’amore, in cui la violenza non trova posto. Anzi bisogna guidare gentilmente gli assalti violenti dei propri avversari. Non si può rimanere teppisti troppo a lungo.
B: L’idea, dunque non è quella di opporre violenza alla violenza, bensì quella di trasformare la violenza in amore.
A: Cosa insegnate ad un principiante come fondamentali in Aikido? Nel Judo, per esempio, per prima cosa si impara a cadere…
KISSHOMARU: Prima di tutto i movimenti del corpo (tai-sabaki), poi il flusso del ki.
A: Cosa s’intende per “flusso del ki”?
KISSHOMARU: In Aikido, noi proviamo costantemente a controllare l’energia del nostro partner, attraverso il controllo della nostra stessa energia, guidando il compagno nel nostro proprio movimento. Dopo ci alleniamo a ruotare il nostro corpo. Non basta spostare il corpo, bisogna muovere le braccia e le gambe insieme, in modo che tutto il corpo sia unificato e possa muoversi armoniosamente.
B: Guardando praticare Aikido, gli allievi sembrano cadere naturalmente. Che genere di allenamento fate per le cadute?
KISSHOMARU: A differenza del Judo, dove ci si afferra col proprio partner, in Aikido si mantiene sempre una certa distanza. Di conseguenza, è possibile applicare un più libero stile di caduta. Invece di cadere con un tonfo, come in Judo, noi utilizziamo una caduta circolare, una forma di caduta molto più naturale. Dunque pratichiamo questi quattro fondamentali diligentemente.
B: Quindi voi praticate tai-sabaki, ki no nagare, tenkan, ed ukemi e poi cominciate lo studio delle tecniche. Che tipo di tecniche s’insegnano all’inizio?
KISSHOMARU: Shiho nage, una tecnica in cui si può lanciare un avversario in più direzioni. Replica i movimenti di base del ken. Ovviamente, pratichiamo anche spada. Come detto precedentemente, in Aikido, l’avversario diviene parte del nostro movimento. In questo modo riesco a spostarlo a piacere. Allo stesso modo, quando mi alleno con un bastone o una spada, faccio sì che diventino parte di me stesso, come se fosse un braccio o una gamba. Per cui qualsiasi arma nelle mani di un Aikidoka cessa di essere un semplice oggetto. Diventa un’estensione del suo stesso corpo. La successiva è Irimi nage. In questa tecnica si entra con tutto il corpo sull’avversario non appena prova a colpirci. In questo breve attimo è possibile sferrare anche due o tre atemi. Per esempio, se il nostro avversario ci attacca dal lato con un pugno, sfruttando la sua energia, apriamo il nostro corpo in guidandolo in una rotazione che segue la direzione del suo attacco. Quindi solleviamo il nostro braccio disegnando un cerchio sopra la sua testa proiettandolo al suolo. Anche questo è il flusso del ki. Ci sono varie e complesse teorie circa questo punto. L’uke resta completamente senza forze o, piuttosto, tutta la sua forza viene diretta dove noi desideriamo proiettarlo. Dunque maggiore è la forza del nostro compagno e più è facile per noi. Ma d’altra parte, se nelle nostre tecniche ci si scontrasse con qualcuno opponendo la nostra energia alla sua, non sarebbe possibile sconfiggere un avversario più forte di noi.
O’SENSEI: Infatti in Aikido non si va mai contro l’energia del nostro attaccante. Quando egli ci attacca con un pugno o tagliando verticalmente come con una spada, disegna essenzialmente un punto o una linea. Tutto ciò che devi fare è scansarti da essi.
KISSHOMARU: Poi insegniamo le tecniche di immobilizzazione, shomen uchi ikkyo, nikkyo e così via.
B: L’Aikido contiene parecchi elementi spirituali. Quanto tempo occorre ad un principiante per acquisire una conoscenza delle basi?
KISSHOMARU: Siccome ci sono persone più o meno coordinate, non posso fare una stima generale. Però dopo circa tre mesi di pratica assidua, un principiante comincia a farsi un’idea di cosa l’Aikido sia. Una volta raggiunti i sei mesi di pratica difficilmente si lascia. Coloro che hanno solo un interesse superficiale si ritirano prima dei tre mesi.
B: Mi è parso di capire che il 28 di questo mese ci saranno gli esami per shodan. Quante cinture nere ci sono attualmente?
KISSHOMARU: Il grado più alto conferito al momento è l’ottavo dan, sono in quattro ad averlo raggiunto. Ci sono poi sei praticanti col settimo dan, e numerosi primi dan, considerando tutti coloro che hanno cominciato da dopo la guerra.
B: Quindi c’è un alto numero di persone che praticano l’Aikido in tutto il paese.
KISSHOMARU: Il Maestro Tohei ha visitato le Hawaii e gli stati uniti per promuovere l’Aikido. Nelle Hawaii ci sono circa 1200 praticanti, che equivalgono a circa 80000 praticanti a Tokyo. C’è anche un piccolo numero di cinture nere in Francia. C’è stato un francese che voleva provare il vero spirito dell’Aikido dopo aver studiato il Judo. Non essendo soddisfatto della pratica in Francia ha pensato di cercarlo nel luogo in cui l’Aikido è nato, ed è venuto in Giappone. Anche l’ambasciatore di Panama pratica l’Aikido, ma pare che il clima del Giappone sia troppo freddo per lui e così non pratica d’inverno. C’è pure una ragazza, Onada Haru, che si è allenata con noi per diversi anni. Poi è patita per l’Italia per diventare un’artista. Qualche giorno fa, ho ricevuto una sua lettera da Roma, in cui dice di essere molto felice perché ha incontrato un italiano che pratica l’Aikido con cui può allenarsi.
A: Cosa possiamo dire circa l’interpretazione delle tecniche di Aikido?
O’SENSEI: I punti essenziali sono Masakatzu, Agatzu, e Katzuhayai. Come ho detto prima, “Masakatzu” significa “corretta vittoria”, “Agatzu” vuoi dire “essere in accordo con la tua missione sulla terra”, “Katzuhayai” indica “lo stato mentale di assoluta vittoria”
B: Il Cammino dell’Aikido sembra molto lungo, non è vero?
O’SENSEI: Il Cammino dell’Aiki è infinito. Oggi io ho 76 anni, ma continuo ancora nella mia ricerca. Non è un semplice obbiettivo insegnare il Cammino nel Budo come in qualunque Arte. In Aikido bisogna comprendere ogni fenomeno dell’universo. È un allenamento che dura tutta la vita.
B: Dunque nell’Aikido si imparano parallelamente gli insegnamenti marziali e quelli divini. Ma cos’è in sintesi lo spirito dell’Aikido?
O’SENSEI: L’Aikido è amore (AI). Bisogna colmare il proprio cuore con il grande amore dell’universo e quindi abbracciare la propria missione di protezione ed amore verso tutte le cose. Accettare questa missione è il vero Budo. Significa vincere al di sopra di se stessi ed eliminare l’idea del nemico dal nostro cuore. È una via di perfezione individuale in cui non c’è posto per la violenza. Le tecniche dell’Aiki sono un allenamento spirituale attraverso una via in cui si ricerca l’unione del corpo e della mente, in accordo coi principi dell’universo.
B: Quindi l’obiettivo dell’Aikido è la pace nel mondo.
O’SENSEI: L’obiettivo finale dell’Aikido è la creazione di un Paradiso sulla Terra, in modo che tutto il mondo possa essere in armonia. Allora non avremo bisogno di energia atomica e di bombe ad idrogeno. Potrebbe essere un mondo meraviglioso.